Chiesa Parrocchiale di San Giovanni Battista
La menzione più antica della chiesa di San Giovanni Battista è contenuta in una pergamena del 1220, in cui sono elencati i terreni che il monastero di Santa Grata in Bergamo possedeva ad Albegno. Tuttavia ciò non esclude la possibilità di una fondazione più antica: infatti il titolare stesso, san Giovanni Battista, appartiene, con l’arcangelo san Michele e con san Giorgio, alla terna dei santi più venerati della tradizione longobarda. L’edificio ecclesiastico era ubicato sull’area della casa parrocchiale, quindi perpendicolare all’attuale chiesa e con abside rivolta ad oriente: quest’ultimo dettaglio negli edifici di culto cristiani è, generalmente, rivelatore di un’origine tardo-antica o medioevale.
La chiesa di San Giovanni Battista in Albegno era una delle vicinie del suburbio cittadino (hinterland) incluso nella pieve urbana e la cui matrice era la cattedrale di San Vincenzo in Bergamo: quindi si trattava di un oratorio di campagna in cui i servizi religiosi erano saltuari per la mancanza di un prete residente. Ma un cambio radicale avvenne con il concilio Lateranense IV (1215) quando, al culmine di un movimento penitenziale laicale iniziato già nel secolo XI, si chiarì per i fedeli l’obbligo della confessione sacramentale annuale. In conseguenza di ciò, nell’Italia settentrionale e nella Germania meridionale, iniziò un graduale processo di frantumazione delle pievi alto-medioevali appunto per l’esigenza delle comunità di villaggio di avere presso di sé un sacerdote residente. La pieve urbana di Bergamo favorì questo processo staccando il territorio suburbano e creando i tre primiceriati di Seriate, Lallio e Scano al Brembo: nonostante sembrassero tre nuove pievi (e così furono denominate nel secolo XIV) aggiunte a quelle già esistenti nel contado, di fatto diventavano sempre più un raggruppamento di chiese rurali attorno ad una chiesa principale, ma orientate verso l’autonomia parrocchiale. Albegno apparteneva al primiceriato di Lallio.
Archivio del Monastero di S.Grata in Bergamo, Inventario e rotolo delli beni del 1769, chiesa e campanile di Albegno, f. 77.
Per la chiesa di San Giovanni Battista -ma anche per San Giorgio in Treviolo- questo processo di autonomia ecclesiastica sembra avviato verso la sua definizione nel 1304, quando nell’elenco dei partecipanti al sinodo diocesano incontriamo pre Leonardus presbiter Sancti Ihoannis de Albenio e pre Fredericus presbiter Sancti Georgii de Triviolo: tale ipotesi è suffragata dal fatto che i responsabili delle chiese di Santa Cristina in Albegno e dei Santi Vito e Modesto in Guzzanica siano invece semplici clerici anziché dei presbiteri. Successivamente, il 22 luglio 1332, la qualifica di rector per il presbitero Iohannes de Anenis è prova decisiva dell’erezione a parrocchia di San Giovanni Battista.
Dagli atti della visita pastorale del vescovo Pietro Lippomani compiuta nel 1520, risulta che la chiesa era stata consacrata, tuttavia non se ne conosceva la data.
Nel 1543, con privilegio di papa Paolo III Farnese, la parrocchia di San Giovanni Battista divenne di giuspatronato del monastero benedettino femminile di Santa Grata in Bergamo che, almeno dal 1187, era il principale proprietario terriero di Albegno: con questo provvedimento la nomina del parroco e l’amministrazione del beneficio parrocchiale furono affidate alle monache.
Quando il vescovo Vittore Soranzo venne in visita nel 1555, scoprì che in chiesa non si conservava l’Eucaristia perché, a causa della povertà degli abitanti, non ci si poteva permettere la spesa dell’olio della lampada: il presule dispose che la spesa fosse divisa a metà tra gli abitanti e le monache di Santa Grata. Durante quegli anni, tra il 1555 e il 1562, l'edificio fu sottoposto a lavori di restauro.
Nel 1568 la diocesi di Bergamo fu suddivisa in vicariati foranei: Albegno entrò a far parte di quello di Lallio, già sede plebana.
Le prime notizie, seppur generiche, sulla struttura della chiesa di San Giovanni si trovano negli atti della visita apostolica di san Carlo Borromeo del 19 settembre 1575. La chiesa aveva due altari, il maggiore e quello di Sant’Anna; il presbiterio a volta era in parte affrescato; infine c’era il campanile con una campana.
La chiesa fu consacrata dal vescovo Federico Cornaro il 18 maggio 1624.
Nel 1659, durante la sua visita, il vescovo san Gregorio Barbarigo trovò che in chiesa c’erano tre altari -il maggiore, quello di Sant’Anna e quello della Madonna del Rosario- e vi si custodiva e si venerava una reliquia di san Biagio, vescovo e martire: è la prima notizia del culto più popolare della nostra parrocchia.
Nel 1686 il capomastro Giacomo Micheli di Albegno ricostruì l’abside della chiesa perché troppo angusta: a questi anni dovrebbe risalire il coro ligneo -ancora in uso nella chiesa attuale- forse opera di tal Rossi A., così come inciso sul ripiano del cornicione, sotto la cimasa dello stallo principale.
Nel 1798 la Repubblica Cisalpina soppresse il monastero di Santa Grata e ne incamerò i beni, inclusi quelli del beneficio parrocchiale di San Giovanni Battista che le monache, nella loro amministrazione, avevano sempre mantenuto distinti da quelli del monastero. A questo periodo risale la cronica povertà della parrocchia e lo spiccato senso di responsabilità della gente di Albegno per la loro chiesa. Quindi dal 1798 all’entrata in vigore del Concordato del Laterano (1929) il parroco di Albegno divenne di nomina regia.
Chiesa parrocchiale, Antonio Guadagnini, Miracolo di san Biagio, olio su tela, 1851.
Nel 1821, il marmista Fosati pose in opera il nuovo altare della Madonna del Rosario ancora visibile nell’attuale chiesa.
Nel 1836, su progetto dell’architetto Giovanni Battista Moroni, il parroco don Giuseppe Vitali promosse il radicale restauro della chiesa: la navata misurava 19 metri di lunghezza e 8 di larghezza. Tra le opere eseguite: l’altare maggiore in marmo, mentre gli stucchi furono eseguiti da Giovanni Brini (1836); le dorature da Pietro Mora e l’organo da Pellegrino Bossi di Borgo Canale (1840); infine il pronao con quattro colonne ioniche in facciata (1842). Nel 1851 il pittore Antonio Guadagnini eseguì nell’abside due tele ad olio con San Biagio e con San Rocco e, al centro, un affresco con San Giovanni Battista predicante.
Questa chiesa fu demolita nel secolo successivo: la navata nel 1932, mentre il presbiterio nel 1955.
Infatti nel 1924 l’architetto Giuseppe Odoni, su commissione del parroco don Camillo Baio, aveva realizzato il progetto di una nuova chiesa parrocchiale che, però, non fu eseguito per la morte dell’Odoni stesso nel 1928.
L'antica parrocchiale dopo i restauri dell'arch. Giovanni Battista Moroni (1836-1842). Cartolina postale, 1920 circa.
Archivio parrocchiale, Progetto di demolizione della vecchia chiesa, 1932.
Il parroco don Basilio Bravi decise di costruire la nuova chiesa su un terreno parte di proprietà del beneficio parrocchiale e parte donato da Enrico e Giulia Frizzoni: nel 1930 il progetto fu affidato all’ingegner Camillo Galizzi che si valse del decoratore Giovanni Gamba. Il 15 ottobre 1932 il vescovo Adriano Bernareggi consacrò la chiesa di San Giovanni Battista e il suo altare maggiore, alla presenza dell’arcivescovo Angelo Giuseppe Roncalli delegato apostolico in Bulgaria.
La chiesa del Galizzi, orientata a sud, misura 40 metri di lunghezza e 19 di larghezza; è a navata unica voltata con quattro cappelle laterali di cui solo tre con altare: Sant’Anna, Madonna del Rosario (1821) e San Giuseppe. La decorazione delle volte fu eseguita da Giacomo Piccinini e da Nino Nespoli, i quali affrescarono nel catino absidale un Crocifisso fra due angeli oranti (1932). La facciata è caratterizzata da un protiro convesso retto da quattro colonne tuscaniche in granito di Baveno; mentre il fastigio è coronato da una statua in cemento di Cristo Re, opera dello scultore Virgilio Vavassori.
Nel 1935 la sede della vicaria foranea passò da Lallio a Stezzano: Albegno entrò a farne parte.
Il 22 febbraio 1959, il vescovo Giuseppe Piazzi consacrò l’altare laterale di San Giuseppe.
Nel 1967 ulteriori lavori di restauro furono promossi dal parroco don Carlo Angeretti, sotto la direzione dell’ingegner Gian Carlo Angelucci; lo scultore Luigi Guerinoni -su donazione di Virginia Peroni- realizzò lo sportello del tabernacolo dell’altare maggiore.
Archivio parrocchiale, ing. Camillo Galizzi, Prospetto della nuova chiesa, 1930.
Nel 1981 il parroco don Egidio Gregis promosse il radicale restauro della chiesa secondo le nuove normative liturgiche: su disegno dell’artista Piero Cattaneo fu rifatto il presbiterio con il nuovo altare, la sede del celebrante, l’ambone e il battistero, il tutto realizzato in marmo botticino di Brescia e in rosso di Verona. Il 1° novembre 1981 l’altare -donato da Andrea Vergani- fu consacrato dal vescovo Giulio Oggioni.
Nel 1982 Piero Cattaneo e Ignazio Nicoli affrescarono il Cristo Risorto nell’abside, l’Eterno Padre con i quattro esseri viventi dell’Apocalisse nel catino absidale e, infine, l’Annunciazione sui piedritti dell’arco trionfale.
Nel 1987 lo scultore Giuseppe Guerinoni -su donazione di Antonio Milesi- rivestì il portale principale con pannelli in rame sbalzato raffiguranti scene della vita di san Giovanni Battista.
Chiesa parrocchiale, Piero Cattaneo e Ignazio Nicoli, Cristo risorto, affresco, 1982.
Tra le altre opere d’arte custodite si segnalano in particolare: il ritratto del parroco Giuseppe Vitali della scuola di Giuseppe Diotti (1846); le due tele gemelle raffiguranti rispettivamente San Biagio e San Rocco di Antonio Guadagnini (1851); il coro ligneo in noce della fine del secolo XVII di A. Rossi (?) con integrazioni del 1932; i due banchi presbiterali di Cesare Zonca (1881). Fra le statue lignee di un certo pregio si ricorda il San Giuseppe di Cesare Zonca (1897); mentre il Cristo morto (senza data), il San Rocco (1912), la Madonna del Rosario (1932) e il San Luigi Gonzaga (1933) sono opera dell’albegnese Virgilio Vavassori.
Facciata e presbiterio della chiesa parrocchiale dopo i restauri del 1981-1982.